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Thomas Bentivoglio

Non credo si possa scegliere deliberatamente di essere un artista. Credo che chi dica il contrario menta per semplificare quella che è di per sé una condizione dovuta ad una serie di contingenze e percorsi intrapresi progressivamente. Non ho mai deciso di fare l’artista
all’improvviso o in maniera premeditata, ricordo invece di aver scelto, ad un punto preciso della mia formazione, di coltivare la sensibilità; la stessa con cui ho fatto i conti per tutta la mia vita in un sistema che favorisce più spesso l’indifferenza. 
La mia ricerca in quanto artista non riguarda una tematica unica, ma si interessa di ciò che è fragile, del privato, dell’ingenuità e della tragicità che si nasconde dietro un’apparenza innocua. Non nascondo di
usarla spesso come terapia.

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Mercoledì 28 settembre 2022

«È una calda giornata di settembre, siamo tornati dalle vacanze pronti a dedicarci a nuovi progetti e riprendere quelli lasciati in sospeso. Incontriamo Thomas nella casa che condivide con altri artisti dell’Accademia di Brera ad Affori Centro. Sono fortunati, ci racconta, il proprietario di casa gli lascia usare il grande seminterrato come studio condiviso, ma Thomas lavora prevalentemente in casa usando lo studio come deposito per le opere più ingombranti.

 

Ci accoglie in cucina dove ci offre un tè freddo e ci racconta dei preparativi per Elisir, la XI Biennale d’Arte al MAM di Mantova, dove presenterà due lavori: gli Untitled Portraits, cinque quadretti rosa con una frase intima e personale posta come sottotitolo e l’opera Make a Wish (I Wanna Be as Beautiful as the Sea), una distesa di vetri rotti dei finestrini delle auto. Entrambe le opere riprendono un contrasto che si ritrova in molti dei suoi lavori che all’apparenza sono innocenti e delicati, ma racchiudono significati più introspettivi, intimi e talvolta addirittura violenti.

 

Il colore rosa ritorna in molti lavori di Thomas per via della sua innocenza, stucchevolezza e quasi banalità. È un colore spesso associato a diversi concetti quali l’amore, la raffinatezza, l’infanzia e la tranquillità, che nelle sue opere assume invece connotazioni più intimiste e talvolta malinconiche, smentendone l’innocenza e creando un contrasto tra l’apparenza e il contenuto.

 

Dopo averci mostrato gli Untitled Portraits ci porta nella sua stanza dove si trova la scrivania, il suo luogo di lavoro principale. Sul muro ci sono dei post-it di un esame dato al triennio con la professoressa Longari, ci racconta che è stato uno degli esami più importanti per la sua crescita personale ed artistica e vuole mantenerne il ricordo sui muri della stanza.

 

Sfogliamo assieme alcuni dei libri della sua biblioteca: il primo catalogo di Félix González-Torres del 1993, uno dei pochi realizzati quando ancora era in vita; Biography di Elmgreeen & Dragset, una raccolta di immagini intime del duo artistico; un libro di poesie di Lana Del Ray; una monografia di Lovett e Codagnone; I Remember, un libro di poesie di Joe Brainard che ha scoperto grazie a Julie Ault studiando Torres che ha influenzato molto i suoi lavori; una serie di riviste di FlashArt e altri cataloghi di Félix González-Torres, Jenny Holtzer e Wolfgang Tillmans. Per alcuni lavori, ci racconta, si è ispirato alle poesie di Robert Frost, in particolare Nothing Gold Can Stay, che ha dato il titolo ad un lavoro sul post festa, altro tema caro all’artista ascrivibile al macro-tema di ricerca sulla traccia, il lascito, ciò che resta dopo.

Nell’ultimo periodo Thomas sta ragionando molto anche sul citazionismo. Nella scuola di Visual Cultures e pratiche curatoriali ha iniziato a studiare seriamente il lavoro di altri artisti e ora sta ragionando sul riferirsi al passato in maniera non colpevole, ma naturale e consapevole. In epoca postmoderna, dal momento in cui non c'è la possibilità di fare nulla di veramente nuovo e abbiamo superato quella voglia di cercare i limiti di tutto, di vedere fino a dove si può arrivare in ogni campo, fermarsi e guardare al passato può diventare un esercizio utile per comprendere la contemporaneità. È un discorso che Thomas non ha mai elaborato in maniera esplicita nei suoi lavori, ma che in alcune opere emerge già implicitamente.

 

Dopo un rapido tour dello studio, dove ci mostra alcune opere minuziosamente imballate e archiviate, torniamo in cucina dove continuiamo a chiacchierare, stavolta davanti ad un Rosé.»

 

Marta Chinellato

Nothing Gold Can Stay

 

Nature’s first green is gold,

Her hardest hue to hold.

Her early leaf’s a flower;

But only so an hour.

Then leaf subsides to leaf.

So Eden sank to grief,

So dawn goes down to day.

Nothing gold can stay

s well on almost every site.

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