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Rebecca Picci

"Ho un interesse profondo per i cambiamenti che il nostro sguardo ha subito dopo il ventunesimo secolo, credo che l’arte in questo scenario abbia un’importanza radicale, perché in grado di portare alla luce una ricostruzione che nel terreno contemporaneo sembra sfumata. Il mio lavoro si approccia a questo pensiero, la volontà di costruire uno sguardo che attraverso una forma magica possa portare alla luce qualcosa che ancora non si riesce a definire, come nuove volontà di dichiarasi in questa era che sembra volerci ingannare in una rappresentazione nostalgia."

Giovedì 1 febbraio 2024

Siamo da Rebecca Picci. Ci accoglie in un garage adibito a studio che divide con un’altra artista. Entrando si sente un inteso odore che non riesco a distinguere, ma che proviene sicuramente dal recente utilizzo di qualche materiale. Lo spazio comprende qualche scaffale e un grande tavolo centrale, qui si percepiscono nettamente le due diverse pratiche delle artiste che abitano l’ambiente. La forte personalità di chi occupa lo studio si presenta al visitatore mediante un massiccio divano fucsia di velluto e un verdissimo tappeto di erba sintetica.

Attirate dal colore ci accomodiamo sul divano e iniziamo la chiacchierata.

 

Rebecca inizia col raccontarci della sua pratica e di come essa si soffermi sulle iconografie fantasmiche: rappresentazioni del nostro contemporaneo che subiscono, attraverso la digitalizzazione, una manipolazione volta a modellare delle post verità. Questo ci racconta dell’esperienza quasi solipsistica del web, sempre basata su una visione soggettiva creata a propria immagine e caratterizzata dall’assenza di una panoramica totale. L’artista è affascinata dagli universi e dalle possibili verità alternative di questo mondo potenziale che, come reazione ai dubbi del contemporaneo, propongono risposte che portano a movimenti atipici e realtà mistiche. Così la ricerca di Rebecca si divide tra letture di saggi impegnati sul contemporaneo e lo studio di forum online che narrano di queste realtà totalmente fuori dagli schemi; contatta futurologhi e cartomanti e mediante la trascrizione di queste conversazioni emergono testi disorientanti, colmi di informazioni e non necessariamente con un filo logico.

 

Soffermandosi dal punto di vista antropologico su questi universi, l’artista vuole evidenziare come la nostra psiche tenti di connettere questo mondo digitalizzato e soggettivizzante con quello che è il mondo tangibile. La soggettività è reale ed intoccabile, realtà individuale e sensazioni non possono essere realmente negate, ma devono essere osservate dal punto di vista critico analizzandone le cause. Come un esperienza mistica o ultraterrena che è reale per la persona che l’ha vissuta e può essere discussa solo dal punto di vista causale.

 

Le opere di Rebecca, similmente a queste realtà, si trasformano in storie che l’aiutano a metabolizzare le vicissitudini del contemporaneo, costellato da situazioni di criticità e difficilmente assimilabili. Il fulcro della sua pratica si concentra sull’attivazione dello sguardo mediante opere dal carattere ingannevole, che hanno lo scopo di ricostruire paradigmi innescando una responsabilizzazione collettiva. A tal fine l’artista lavora su pezzi singoli che mantengono un valore nel tempo e condensano in se stessi una forte componente mistica. Il kitsch è l’elemento visivo che la contraddistingue, sfere di cristallo sorrette da piedistalli brillantinati, acque santiere oleografiche, corone di vetro; il suo luogo espositivo ideale è la casa di un’anziana signora. Mentre il suo sogno più grande è quello di costruire un castello, da lei progettato, contente i suoi lavori, dove tutto è ricreato nel suo stile, per potersi perdere completamente nel suo mondo incantato e disturbante.

 

Alla fine dello studio visit ci perdiamo a parlare con dell'insensibilità e della ? del nostro tempo, delle grandi mancanze del mondo artistico e della speranza che confidiamo nei confronti della nostra generazione.

 

Sandra Beccaro

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