Il documentario di Matteo Urbani ci racconta il viaggio verso l’ignoto di una sonda che approda in un paesaggio sconosciuto e misterioso, qui si immerge in un oceano pensante dove le onde e le creature che lo abitano prendono parte ad una intelligenza diffusa. 

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La sonda si interroga sulla sua natura e sul funzionamento dell’organismo che incontra, rivelandosi anch’essa pensante, mettendo in discussione la rigidità dei confini dell’essere. Le domande che si pone la macchina sono le nostre, esse ci accompagnano e ci guidano nell’esplorazione, per poi lasciarci immersi in un ambiente familiare e al contempo disorientante.  I pensieri della macchina si fondono alle onde; il viaggiatore diventa il viaggio; l’esploratore l’esplorato. 

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L’oceano è pensante e in continuo divenire, le sue onde sono il pensiero e le creature marine centri neurali. Questo organismo diffuso muta ed evolve rigenerando parti di sé, la stessa sonda si percepisce in espansione e si fonde con l’oceano in una intelligenza partecipativa. 

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La ricerca di Urbani verte sull’interferenza di elementi antropici sugli ecosistemi naturali, in questo caso il documentario racconta un esempio di coesistenza, artificiale e organico agiscono e interagiscono accogliendosi nella loro evoluzione condivisa.