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Elisa Garofani

Con il mio lavoro vorrei mettere lo spettatore nella condizione di essere testimone e complice di un atto sconveniente o di un avvenimento raccapricciante, e che provasse quella sensazione disturbante che solo la fascinazione per l'orribile e l'indicibile può dare: il senso di colpa e la paura per aver visto e il desiderio di voler guardare ancora.

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Martedì 25 Luglio 2023

«Entriamo nello studio di Elisa, che condivide con il suo ragazzo. Ci accoglie mentre sta ultimando una scultura composta da due zampe in gesso con grossi artigli e ci spiega che vuole integrarla come base di un’altra opera. Lo spazio dello studio è luminoso ma in qualche modo disturbante, nell’aria si sente odore di vernice e sentiamo su di noi lo sguardo dei fantocci creati da Elisa. L’artista ci svela alcuni elementi altrettanto ambigui che sono, o saranno, parte di sue opere tra cui: spine di cactus - usati al fine di sembrare spaventosi insetti nell’ombra -, denti finti e plastilina per ricreare una bocca e diverse piccole sculture realizzate con una stampante 3d che hanno nello studio.

 

Elisa con le sue opere racconta una dimensione ambigua e carica di forza: i lavori infatti si rivolgono ad un immaginario che fa fortemente riferimento al trauma, alla pornografia, alla violenza, al grottesco e a come questi elementi si mescolino tra di loro. Il corpo, spesso quello femminile, che è in molte opere il soggetto delle sue rappresentazioni, viene mostrato martoriato e mutilato ma in qualche modo privato di questa violenza, mediante un sapiente utilizzo del gesto e dei materiali. L’approccio dell’artista, alle opere e alla comprensibilità delle stesse, ha subito un forte cambiamento che coincide con il trasferimento da Roma a Milano. Se inizialmente era attratta e mostrava soggetti dalle forme minimali e fortemente concettuali, che suggerivano solo attraverso delle sensazioni e dei tratti la brutalità a cui attingeva, ora l’artista è passata ad una modalità più didascalica per infondere attraverso un linguaggio più schietto ed esaustivo le dinamiche dei suoi lavori, ora ci spiega che il dolore “te lo vuole sbattere in faccia”. La produzione è passata dal concentrarsi sull’astrazione della carne e della sua sintetizzazione, ad un trauma che si avvicina più a sensazioni di inquieto turbamento.

 

La pratica dell’artista si divide in due sezioni apparentemente distinte ma, che condividono e mantengono la medesima ambiguità e scomodità. Da una parte troviamo i teatrini: piccoli strutture che Elisa realizza al fine di creare opere immersive e alienanti, il vantaggio di queste sculture e quello di poter ricreare dei veri e propri ambienti anche quando non si ha a disposizione un grande spazio. Qui gli elementi (pupazzi, coperte, fortini) sono pensati seguendo un immaginario infantile sempre però dal carattere grottesco; le paure ricordano ciò che ci turbava da bambini: bambole dall’aspetto disturbante, occhi che compaiono nel buio e grosse formiche che si insidiano in un orecchio.

Ma la produzione di Elisa si concentra anche molto sul disegno: l’artista è particolarmente legata alle grafiche. Ci racconta che queste per lei sono il metodo più intimistico per spaziare tra le molteplici possibilità: la semplicità del tratto e l’astrazione del gesto le infondono una libertà che non riesce a ritrovare utilizzando altri medium. I suoi disegni, molto spesso minimali, rimangono agganciati anche essi ad un’estetica conturbante, avvicinandosi e mostrando in modo ancora più evidente un interesse per la sessualità, la violenza e un punto di contatto tra le due.

 

I mondi a cui attinge Elisa sono differenti e, oltre a comprendere grandi artiste come
Louise Bourgeois , Sarah Lucas, Tracey Emin e Anna Levy, si lascia ispirare dalla brutalità delle grafiche giapponesi okai, ma anche da libri o band metal a cui dedica alcuni titoli delle sue opere. Affascinante è comprendere gli elementi da cui si lascia influenzare per i suoi lavori e su cui pone una vera e propria analisi: ci racconta infatti che la affascinano i paesaggi interni del corpo, e la sua ricerca per essi spazia dalla pornografia alle immagini mediche, per riprodurre al meglio soggetti reali ma allo stesso tempo astratti e grotteschi.
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Sandra Beccaro

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