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Collettivo Piano A

"Se hai un Piano A lo fai!"
Questa è la frase che di più rispecchia il collettivo formato da Francesco Perrini ed Alvise Pi, fondato nel 2019 all'interno della città di Milano.
Il collettivo si è da subito proposto di inserirsi all'interno dello spazio urbano in luoghi dove i giovani si radunano, ma non vi sono spesso realtà artistiche, quali rosticcerie kebab, parchi, supermarket multietnici e stazioni dei mezzi di trasporto. Luoghi che descrivono il vissuto ed il tessuto cittadino, ma che spesso sono visti come zone di passaggio più che punti di ritrovo.

Venerdì 19 maggio 2023

«Questo Studio Visit è diverso dal solito, invece di incontrare Alvise e Francesco nel loro studio, li incontriamo a Noroc, uno spazio vicino alla Stazione Centrale di Milano - che hanno avuto in concessione per un breve periodo - dove hanno realizzato uno dei progetti di Piano A, il collettivo che hanno fondato nel 2019.

Alvise e Francesco, provenienti entrambi dalla provincia, rispettivamente padovana e barese, si sono trasferiti a Milano in quanto a loro avviso è una delle poche città italiane in grado di dare delle reali possibilità in campo artistico. Si sono conosciuti durante il test d'ingresso dell'Accademia di Belle Arti di Brera e, dopo circa un anno, hanno fondato il collettivo con un obiettivo ben preciso: espandersi e appropriarsi del proprio spazio, sia a livello pratico che teorico, ma soprattutto in modo indipendente, bypassando il sistema di rappresentazione delle gallerie. Tutte le mostre che il collettivo ha organizzato, esclusa l’ultima a Spazio Noroc, si sono svolte all’interno di attività commerciali della zona 9 di Milano, luoghi che sentono particolarmente vicini, un po’ perché li vivono e li frequentano, ma soprattutto perché è una delle zone meno considerate della città. 

Come collettivo, infatti, hanno organizzato esposizioni in ambienti lontani dall’ambito artistico, come un ristorante kebab, un supermarket e un sexy shop. Punti di riferimento in queste operazioni sono stati Elmgreen & Dragset e il collettivo bolognese Rialto 18. Ciò che però caratterizza gli interventi di Piano A è la valorizzazione dei luoghi con i quali si interfacciano. Ci spiegano che le loro opere non puntano a sovrastare quelli che sono gli oggetti presenti nei vari locali ma, al contrario, si pongono in una condizioni di convivenza e dialogo con essi. Tutti gli elementi aggiunti dal collettivo si confondono infatti con quelli che normalmente abitano questi locali e ciò rende l’esperienza del visitatore simile ad una caccia al tesoro. 

L’ambiente in cui ci accolgono, è uno spazio ibrido tra luogo espositivo, studio, salotto, Bed and Breakfast, casa e discopub. Noroc, che in romeno significa “buona fortuna” ed è usato per brindare (e qui abbiamo notato che si brinda molto), nasce in quello che era il magazzino di un Bed and Breakfast che i due hanno sistemato riscoprendo e mettendo in evidenza le tracce di storia che lo spazio ha conservato. Mentre nelle mostre precedenti intervenivano in spazi già abitati e fortemente connotati, qui si relazionano con uno spazio vuoto in cui riportano alla luce le tracce delle attività precedenti: sul soffitto sono rimasti dei pezzi di scotch biadesivo che sorreggevano dei pannelli insonorizzanti quando lo spazio era adibito a disco pub, le pareti invece sono state riportate all’aspetto originale, che possiamo osservare anche nel Mercato Centrale costruito nello stesso periodo.

Oltre alle tracce storiche, nello spazio si possono trovare le tracce del collettivo che ha vissuto l’ambiente per circa un mese ricreando la camera di un Bed and Breakfast e inserendo vari oggetti con la collaborazione dell’artista Raul Mitrofan, ospite in questa mostra. Gli interventi che ci hanno maggiormente colpito sono: dei giocattoli di quando i tre erano bambini, un tappeto che riproduce il logo del collettivo, delle opere dei tre artisti, una finestra che apre sull’immagine di una piazza realizzata da un’AI unendo i centri di Padova, Bari e Cajvana -le loro città d’origine- e una riproduzione di una delle stanze del Bed and Breakfast del piano di sopra. Sono presenti inoltre quelli che gli artisti definiscono “easter eggs” ovvero piccoli interventi di vario tipo che si confondono e nascondono nello spazio. Il termine easter egg, preso in prestito dal mondo dei videogiochi, fa riferimento a contenuti nascosti, sorprese, qualcosa di bizzarro ma innocuo che denota una minuziosa cura dei dettagli, e questa attenzione per i particolari, è una caratteristica costante all’interno delle mostre del collettivo Piano A.»


Marta Chinellato e Sandra Beccaro

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